La peer education, l’educazione tra pari, si è dimostrata molto efficace nella prevenzione di comportamenti a rischio nell’età adolescenziale. Nonostante sia un metodo molto utilizzato negli ultimi anni, non riscontra il favore di tutte le figure educative. Questo perché si tratta di un modello che mette in discussione il sistema tradizionale educativo, nel quale l’esperto con competenze relative all’ambito rimane il partner ideale di ogni intervento, svolto quindi dall’alto verso il basso. L’approccio degli adulti di fronte al complesso mondo adolescenziale è inoltre spesso caratterizzato da elementi quali l’autorità, la distanza, la polarità opposta, la collusione e la confusione. L’educazione tra pari rifiuta l’approccio adultista al mondo degli adolescenti: afferma al contrario la necessità per quanti lavorano con gli adolescenti di confrontarsi in maniera diretta con la loro realtà, i loro linguaggi, le loro culture, riconoscendo il valore e le potenzialità di questo universo, al fine di favorire a livello effettivo l’autopromozione del benessere. All’interno di tale prospettiva dunque, l’approccio al sistema dei pari non avviene in termini di rischio, di disagio o pressione, bensì in termini di potenzialità, risorse e competenze (Pellai, 2002).
L’ambivalenza del mondo dell’educazione verso la peer education è probabilmente una delle cause del fatto che la letteratura scientifica a riguardo risulta ancora limitata e poco sistematizzata. L’Italia in particolare presenta notevoli ritardi rispetto all’orizzonte europeo e americano, e solo negli ultimi anni questo trend sta cambiando. Nel 1999, con la Direttiva 292/1999 il l Ministero della pubblica istruzione aderì al “Programma di ricerca e intervento per prevenire e ridurre fenomeni di dipendenza, devianza e psicopatologia nella scuola (Life Skills e Peer Education)”. Da allora si assiste a uno sviluppo di interesse per la metodologia, che ha iniziato a essere utilizzata sempre di più. Se ne parla ad esempio nel volume “La promozione della salute nelle scuole: obiettivi di insegnamento e competenze comuni” pubblicato dall’Istituto Superiore di Sanità nel 2008. Il punto di partenza dell’analisi qui svolta è la consapevolezza che l’efficacia dell’intervento preventivo non può prescindere dalla quotidianità della relazione e della vicinanza tra educatore ed educando, ruoli che, tra l’altro, sempre più si fanno “mobili e intercambiabili” quando in gioco ci sono adolescenti, che sono portatori di esperienze e competenze che spesso sono di pari livello e complessità, se comparate con quelle dell’adulto (p. 9).
Nel volume si riflette sull’esistenza di diversi approcci al modello della peer education che, come già visto in un precedente approfondimento, è caratterizzato da tre fasi: l’individuazione del gruppo di educatori alla pari, la loro formazione e l’organizzazione di varie attività che permettono ai ragazzi di mettere in pratica quanto imparato.
La prima cosa da fare per ideare un progetto di peer education (dopo il reperimento dei fondi) è quella di creare una rete, che varia da progetto a progetto a seconda delle finalità e dal target scelto. La rete sarà composta da insegnanti, professionisti, agenzie dislocate sul territorio, e dovrà mantenersi attiva lungo tutta la durata del progetto, attraverso dialogo e comunicazioni costanti.
Una volta strutturate le finalità del progetto e trovati i partner necessari, arriva il momento di reclutare i peer. I requisiti necessari sono:
La formazione dei peer educatori dovrà trasmettere loro tre grandi macrocompetenze: la conoscenza approfondita degli argomenti del progetto; competenze che aumentino la percezione di sé e la capacità di gestire i rapporti interpersonali; competenze comunicative, come saper esprimere un’idea, restituire un feedback o gestire un dibattito.
Una volta terminata la formazione, non dimentichiamo che i peer inizieranno un’esperienza nuova e complessa. Potrebbe essere richiesto un aggiornamento in corsa del progetto, oppure delle conoscenze in più, o ancora un supporto emotivo. Non dovrà quindi mai mancare in questa fare il sostegno da parte degli adulti, attraverso incoraggiamenti, informazioni sempre aggiornate, feedback costanti, formazione continua.
Prima di approcciarsi a un progetto di peer education, bisogna confrontarsi con alcune questioni etiche e pratiche che possono condizionare la buona riuscita di quest’ultimo e che mettono in gioco il ruolo di responsabilità che compete agli adulti.