Arteterapia e produzione di cultura
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Arteterapia e produzione di cultura

 

 

 

L’Arteterapia è una terapia espressiva che utilizza il processo creativo e l’uso di materiali artistici per favorire lo sviluppo affettivo e cognitivo. Per una definizione più esaustiva e completa, citiamo la British Association of Art Therapists, che intende l’arteterapia come una forma di psicoterapia che utilizza l'arte come suo principale modo di espressione e comunicazione. O ancora, l’American Art Therapy Association la definisce come una professione integrativa di salute mentale e servizi umanistici, che arricchisce la vita di individui, famiglie e comunità attraverso la creazione attiva, il processo creativo, la teoria psicologica applicata e l'esperienza umana all'interno di una relazione psicoterapica.

Il focus dell’arteterapia, più che sul prodotto artistico finale, è quindi sul processo creativo, che è in sé terapeutico. L’oggetto artistico diventa espressione dell’esperienza interiore del soggetto, spesso non accessibile attraverso il linguaggio.

Nell’arteterapia, la produzione artistica è tutelata all’interno della relazione con il terapeuta. Questo deve essere infatti capace di instaurare un rapporto empatico e di stabilire una relazione con il paziente, sviluppando la capacità di accogliere, assorbire e fare evolvere le tensioni che possono esprimersi durante l’atto creativo. Tale atto diventa la modalità con cui il paziente impara a esprimersi: grazie a questo può prendere coscienza del proprio vissuto interiore che si muove a livello perlopiù inconscio. Attraverso la discussione e l’interpretazione del lavoro svolto si ha l’opportunità di consentire al paziente di comunicare i propri pensieri e i propri sentimenti.

 

Un po’ di storia

L’arteterapia ha le proprie radici da esperienze di psicologia dinamica e da pratiche derivanti dalla psicoanalisi.

La psicoanalisi di fine Ottocento ha preparato la strada, per così dire. Sigmund Freud concepisce ad esempio l’arte come una via preferenziale al mondo dell’inconscio, e come una modalità di accesso al piacere e al desiderio. Melanie Klein invece indica il processo creativo come capace di ricreare ed elaborare oggetti che rappresentano una relazione, riparando i torti fatti o subiti.  Anche Jung parla di arte come un mezzo per contattare ed esprimere le immagini appartenenti all’inconscio.

Tra i principali autori universalmente riconosciuti per aver contribuito allo sviluppo dell’arteterapia, a partire in particolare dagli anni Quaranta, ci sono Friedl Dicker Brandeis, Edith Kramer e Margaret Naumburg, vere e proprie pioniere in questo campo.

Friedl nasce a Vienna a fine Ottocento in una famiglia ebrea. Studia arte, ma la sua brillante carriera viene interrotta quando nel 1942 viene deportata a Terezin, dove diventa insegnante d’arte per molti bambini allontanati dalle loro famiglie. Si rende conto dell’effetto che questo ha sui bambini e inizia ad annotare le sue osservazioni sul valore terapeutico dell’esperienza artistica durante l’infanzia. Fa anche un importante lavoro di catalogazione dei disegni, annotando sopra ciascun foglio data, nome ed età dell’autore. Li conserva, così bene che verranno ritrovati solo molto tempo dopo la sua morte, avvenuta ad Auschwitz nel 1944.

Edith Kramer è allieva di Friedl Dicker Brandeis, e porta avanti la sua attività concentrandosi per tutta la vita sullo studio degli aspetti terapeutici dell’attività artistica rivolta all’infanzia. Mantiene la terapia d’arte distinta dalla psicoterapia e sostiene che l’effetto terapeutico dipenda da quei procedimenti psicologici che si attivano nel lavoro creativo.

Margaret Naumburg invece, di stretta derivazione psicodinamica, considera il prodotto artistico del paziente come uno strumento d’accesso ai suoi contenuti inconsci, da utilizzare nel corso della terapia come materiale da interpretare ed è dunque vista ed utilizzata esclusivamente come strumento diagnostico.

 

Nuove tendenze attuali - Il modello polisegnico

Il modello polisegnico è un modello teorico emergente in arteterapia che mette al centro del processo non la matrice psicologica, ma quella artistica, vista come mezzo per arrivare a comprendere il mondo interiore e relazionale del paziente.

L’arte è qui considerata proprio come un linguaggio: si tratta infatti di un oggetto strutturato di cui si può comprendere il meccanismo di funzionamento interno, con lo stesso statuto, regole e grammatica del linguaggio, appunto. Può essere certamente usata in soccorso del colloquio, della diagnosi e della gestione dei gruppi, ma la sua grande forza esprime un linguaggio a sé stante che muove processi profondi e conduce il paziente a lavorare su aspetti del proprio mondo interno e sulla frattura presente con il mondo reale. La lettura delle opere è legata agli elementi del linguaggio visivo e plastico, le regole “grammaticali” con cui si formano le immagini su un foglio. Linea, colore, forma, luce e ombra, spazio si combinano insieme seguendo regole di ritmo, peso, equilibrio, simmetria e movimento, per trovare un significato.

 

Arte e disabilità – il Centro Educativo Occupazionale di Malchina