Peer education e prevenzione
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Peer education e prevenzione

 

 

Il termine peer education indica una tipologia di rapporto che si instaura in un gruppo di pari, dove per peer si intende una “persona che si trova allo stesso livello di altre persone, un individuo che appartiene allo stesso gruppo sociale facendo riferimento all'età, al livello di istruzione o allo status sociale" (MerriamWebster, 1994). In italiano la traduzione più accreditata è educazione tra pari, in riferimento a una pratica educativa ormai consolidata.

Le prime tracce in merito alla peer education risalgono all’inizio dell’Ottocento, con il monitor system inglese. Gli alunni delle scuole imparavano a tenere lezioni  ai loro coetanei su argomenti che avevano già appreso: tale metodo veniva utilizzato principalmente per ragioni di ordine economico, più che per fini educativi, perché in quanto il ricorso agli alunni era meno costoso (Svenson, 1998). Dagli anni Sessanta in poi la peer education inizia a diffondersi nell’ambito della prevenzione di comportamenti a rischio tra giovani.

 

Come funziona?

La peer education è un approccio che mette in discussione il ruolo dell’esperto tradizionale, rivendicando il diritto dei giovani ad avere accesso alle informazioni su temi delicati quali la sessualità, l’HIV, le malattie sessualmente trasmissibili, i profilattici, la contraccezione e le droghe (Svenson, 2018).

Il modello educativo ha origine in dinamiche e processi che sono naturalmente propri dei sistemi relazionali informali. Il primo passo consiste nell'individuazione di ragazzi e ragazze disposti ad assumere volontariamente il ruolo di attori primari, che andranno poi a realizzare interventi di promozione e prevenzione con e per i propri coetanei.

All’interno del gruppo vengono selezionati i soggetti contraddistinti da una maggiore influenza sugli altri: un educatore alla pari è una figura credibile, non è un adulto, non giudica, è in possesso del medesimo bagaglio linguistico, comportamentale e valoriale del gruppo. Insieme ci si può confrontare su temi di cui è difficile parlare con gli adulti: si parla di sessualità, di sostanze stupefacenti, alcol e altri comportamenti che presentano potenzialmente dei rischi. I peer vengono poi formati sia dal punto di vista informativo che da quello relazionale e comunicativo.

 

 

Alcune basi teoriche

La prima che citiamo è la teoria delle zone di sviluppo prossimale di Lev Vygotskij, psicologo sovietico: l’apprendimento umano presuppone sempre una natura sociale. Ogni funzione mentale che assimiliamo si forma sempre prima nel collettivo, e il rapporto con gli altri diventa quindi essenziale per l’apprendimento. Una volta quindi che i ragazzi svolgono attività di riflessione comune, si confrontano, cercano di comprendere altri punti di vista, chiariscono i propri pensieri e focalizzano le proprie convinzioni,  acquisiscono maggior consapevolezza metacognitiva e trasformano ciò che hanno osservato e imparato nelle dinamiche sociali in competenze individuali (Petterle, 2015).

Le dinamiche di peer education hanno inoltre un effetto positivo sullo sviluppo dell’intelligenza interpersonale teorizzata da Gardner. Tale intelligenza è quella necessaria alla relazione con l’altro, e presuppone una profonda riflessione sull’interpretazione di sé: viene sviluppata nel gruppo dei pari, attraverso lo studio delle dinamiche e dei contenuti della comunicazione.

 Un’altro riferimento teorico è sicuramente quello dello sviluppo dell’intelligenza emotiva teorizzata da Goleman. È composta da un insieme di cinque abilità, quali la consapevolezza di sé, la padronanza delle proprie emozioni, la motivazione, l’empatia, le abilità nelle relazioni interpersonali, e per il suo sviluppo è fondamentale la componente del gruppo. Insieme si parla e ci si confronta, apprendendo le competenze sociali utili alla comunicazione che saranno poi necessarie nei progetti di prevenzione dei comportamenti a rischio.

Le dinamiche di gruppo della peer education sono inoltre una palestra per allenare il senso di  autoefficacia dei ragazzi (Pellai, 2002). Il concetto di autoefficacia è stato coniato dallo psicologo Albert Bandura, e fa riferimento alla convinzione di avere sotto controllo gli eventi della propria vita e di poter accettare le sfide nel momento in cui esse si presentano. Lo sviluppo di una competenza di qualunque tipo rafforza questa sensazione e aumenta la probabilità che gli individui facciano il migliore uso delle proprie capacità. (Bandura, 1996).

 

Un metodo efficace per la prevenzione

Il modello della peer education viene utilizzato, nell’ottica della promozione alla salute, in progetti di prevenzione che riguardano il tabagismo, la tossicodipendenza e l’alcolismo, la violenza, la salute sessuale ed i comportamenti a rischio per HIV e malattie sessualmente trasmissibili. Il punto di partenza per ogni intervento di prevenzione è che i comportamenti sono fortemente influenzati dal contesto sociale.  Già nella Carta di Ottawa del 1986,  stilata per tracciare delle linee guida globali in merito al benessere psicofisico della persona, l’elemento della comunità è fondamentale, “perché Il legame che unisce in maniera inestricabile i singoli al loro ambiente costituisce la base di un approccio socio-ecologico della salute”.

Nel documento pubblicato dalla Commissione Europea nel 2018, “Linee guida europee per la Peer education fra giovani coetanei mirata alla prevenzione dell’AIDS”, si fa un’analisi dell’efficacia della peer education nell’ambito della prevenzione dell’AIDS.

Agli esordi della pandemia di HIV, uno dei problemi che bisognava affrontare era la questione dei pregiudizi e dei tabù rispetto a comportamenti sessuali e uso di droghe, che portavano a una discriminazione costante. Un altro problema è rappresentato dall’evidenza che avere maggiori informazioni rispetto alla malattia non porta necessariamente a un cambiamento nei comportamenti a rischio. Alla luce di ciò, il sistema tradizionale di trasmissione di informazioni dall’alto verso il basso doveva essere ripensato. Il linguaggio doveva essere reso più fruibile a seconda del target e i modelli di prevenzione dovevano essere più accessibili e dinamici, comprendendo informazioni che potessero accrescere le conoscenze sulla sessualità, sul ruolo di genere, l’orientamento sessuale, i rapporti interpersonali e l’abuso di droghe. Ma come può un esperto esterno comprendere i valori, i codici di comportamento e il linguaggio di un gruppo di cui non fa parte? Ecco quindi che il coinvolgimento dei peer nella prevenzione diventa fondamentale. Oggi la peer education per la prevenzione dell’AIDS è il risultato dell’esperienza pratica raccolta nella prevenzione dell’infezione da HIV, ha avuto il sostegno della ricerca sociologica, si inserisce nei processi evolutivi della società e della gioventù moderna e nel movimento di promozione della salute (Svenson, 2018).

 

Rapporto tra generazioni                              

Le perplessità riguardo al modello educativo della peer education sono spesso causate dalla riluttanza da parte degli adulti a fornire informazioni complete ai giovani rispetto ad argomenti ritenuti sensibili. I giovani che vengono formati diventano degli “esperti” su queste tematiche e agiscono quali facilitatori di cambiamento di atteggiamenti. Tutto questo rischia non solo di disturbare i tradizionalisti ma può creare disagio fra gli adulti in merito all’esattezza delle informazioni fornite, anche per la loro natura implicitamente sessuale (Svenson, 2018). L’efficacia della peer education in molti contesti rende però necessario ripensare e favorire il rapporto tra le generazioni, volgendosi verso una collaborazione proficua. L’esito atteso da tale modello educativo è far si che i giovani si assumano la responsabilità diretta della propria salute. (Svenson, 2018).

 

Alcuni progetti di peer education a Trieste

La Cooperativa la Quercia, in rete con altre realtà del territorio, negli anni ha partecipato alla realizzazione di progetti di peer education. Le tematiche sono quelle della prevenzione rispetto l’uso di alcol e sostanze stupefacenti, come anche della consapevolezza dei ragazzi per quanto riguarda comportamenti a rischio nella sfera dei rapporti affettivi e sessuali.

 

 

Un esempio di progetto di peer education è stato il Progetto Pensaci, realizzato dalla Cooperativa la Quercia in partnership con la Duemilauno Agenzia Sociale. Il progetto è stato finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le politiche antidroga ed è terminato a gennaio 2020. Rivolto ai giovani, l’obiettivo di Pensaci! era la prevenzione, sensibilizzazione e informazione sui rischi connessi all'uso di sostanze alla guida.